Intervista a Sara Ricciardi: il design tra onirico e scenografico

Rebecca Sinisi

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Sara Ricciardi, beneventana classe 1989, oggi è una designer poliedrica annoverata tra le più seguite del panorama del design contemporaneo.

Ha studiato tra Milano, Istanbul e New York, laureandosi nel 2015 presso la NABA – Nuova Accademia di Belle Arti, in Product Design, oggi vive e lavora a Milano. Grazie alla sua determinazione, è riuscita ad aprire il suo studio, che ha chiamato Pataspazio, dove realizza progetti di Interior e Retail, installazioni pubbliche, exhibition e product design per diverse aziende e gallerie d’arte. Il suo studio e la sua figura professionale sono pluripremiati, ad esempio è stata selezionata da “Wallpaper” tra i finalisti di Next Designer Generation 2018, dal 2019 è anche art director de La Grande Bellezza – The Dream Factory per il Gruppo Starhotels, progetto di mecenatismo per l’alto artigianato Italiano. Questo soltanto per citare alcuni riconoscimenti. Oltre ad essere Designer e Creative Director è anche un’insegnante presso la NABA, insegna Social Design e pratiche relazionali.
Sara Ricciardi ci svela il suo ingrediente segreto: la forma segue sempre la poesia. Il suo modo di progettare si ispira molto al teatro e quindi alla performance, infatti è proprio da qui che parte la sua carriera lavorativa. Si tratta di un progetto definito “materico”, caratterizzato soprattutto dal racconto.
Per approfondire tutto questo abbiamo deciso di intervistare Sara. Entriamo nel vivo dell’intervista!

Com’è nata la tua passione per il design scenografico e per la performance?

Il mondo è un grande teatro. Ognuno ha un suo ruolo in questa incredibile sceneggiatura. Sin da piccola ho frequentato i palcoscenici per ammirarne le trasformazioni e ascoltato drammaturgie che mi hanno condotta nel grembo di plurime storie epiche e tragiche.
Tutto quell’immaginifico mi è rimasto impresso nel cuore e quando progetto in studio, cerco sempre di pensare in quali scenari vorrei  che le persone vivessero, che habitat creare per loro. Case, boutique, oggetti che possano indurre posture e gesti suggestivi per le loro vite.
Agli esordi  della mia carriera  lavorai per i teatri, ricordo ad esempio l’episodio per il teatro Anima Nera come assistente scenografa con il mio grandissimo amico scenografo Carlo Maria Filippelli – con le direttive dell’artista Silvia Moro, producemmo questa grande vagina di gommapiuma che era l’accesso a 4 camere, in cui alcune donne mostravano l’intimità dei loro pensieri e dei loro interni di casa. Le persone non vi avevano  accesso ma potevano spiare da alcuni fori che avevamo costruito nelle pareti. 
Che meraviglia essere testimoni delle vite altrui. Anche quando sei da solo, sei su un palco. In quel momento pensai profondamente che avrei voluto creare spazi di azione, spazi di suggestione, spazi di un quotidiano straordinario.

Il tuo approccio onirico deriva da uno specifico momento vissuto? Raccontaci in che modo hai capito che questa era la tua strada

La strada è quella che si costruisce con il proprio quotidiano ogni giorno. C’è bisogno di molto desiderio per procedere. Il mio è sempre stato ampio e tumultuoso, ma non avevo mai neanche immaginato di fare design nè di essere la donna che sono oggi. Non sognavo ciò che sono oggi, ma tra desiderio ed entusiasmo ho creato questo. Un ingrediente importante per me è stata la tanta solitudine vissuta da piccola, solitudine nell’accezione più bella del termine, il restare molto da sola nel convento delle suore dove studiavo da piccola, mentre tutte le mie amiche erano a casa felici, mi consentiva in realtà di costruire mille mondi tra me e me. Dialogavo con gli spazi, gli alberi, il silenzio. Inventavo tutto, costruivo sogni minuziosamente con l’immaginazione. Grandi spazi dello stare consentono alla fantasia di galoppare – il tempo non imbottito di peripezie può essere in realtà salvifico anche se spesso se ne ha paura. Lo sguardo mi resta sempre aperto forse attingendo da quel mondo che mi ricorda come la realtà sia interessante per il modo in cui la guardi. L’onirico rende tutto terribilmente gustoso e non riesco più a farne a meno.

Qual è il tuo miglior progetto realizzato finora?

Non credo che qualcuno voglia scegliere chi è il preferito tra i suoi figli – ogni progetto porta con sè gestazioni ed epifanie differenti. Episodi ricchi. Però il mio studio da anni è il progetto che costruisco con fatica e felicità costante. Non ho avuto persone a cui chiedere o da emulare e ogni giorno studio e invento come si faccia impresa, tra stipendi, contratti, persone, tra qualcosa che sia lavoro ma evochi il sentimento di famiglia che sappia essere responsabile, entusiasmante e distaccato.  Tra coesione e giustizia – tra nuovi lavori sempre diversi e ingrandimenti strategici. Tra vendite, obiettivi e creditori, è un percorso arduo pieno di soddisfazioni e misteri per cui è nato il Pataspazio – interno completamente custom in cui lavoro con il mio team di creativi straordinari. Il mio studio non è solo uno spazio fisico ma è un’entità che comprende persone in crescita e in continuo mutamento, in profonda relazione umana e spero possa essere ogni giorno il mio miglior progetto.

Che consiglio daresti ai giovani professionisti che iniziano il percorso nel mondo del design?

Di non aver paura a mettere nei progetti tutte se stesse. Senza trend, senza considerare cosa vogliono sentire o vedere le masse, a far uscire le loro peculiarità che attingono dai piaceri, dalle ossessioni, dalle memorie, dagli istinti della propria natura più profonda. E di farlo con passione e con la determinazione cha ha la goccia d’acqua nel creare la stalagmite. Senza dimenticarsi di giocare con se stessi e con gli altri  in maniera serissima.

Termina qui la nostra intervista a Sara Ricciardi. Sicuramente ci ha fornito tanti spunti su cui riflettere e da cui prendere ispirazione per il percorso personale e professionale di ognuno di noi. La sua visione e i suoi progetti raccontano tanto e, come lo ha definito anche lei stessa il suo stile, spesso è “wow”, cioè suscita in ognuno di noi proprio questa esclamazione!

Sara Ricciardi
Instagram sara__ricciardi
sararicciardistudio
Sito Web sararicciardistudio.com

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